top of page

Titolo: Traumi

.Ariel.

​

​

Era passata circa una settimana dal loro viaggio nella foresta dei suicidi in giappone. Harris era riuscio a separare le gemelle grazie al grimorio proiboto che era nascosto in una grotta, lui aveva dovuto sacrificare la sua vita per riuscire a rompere la maledizion che era stata scagliata a Sidera da alcuni nemici della famiglia Magnus e da lì a poco l'avrebbe uccisa. per provare a scongiurare questa minaccia inizialmente le gemelle fecero un incantesimo proibito grazie a Tenebris ma qualcosa andò storto e le gemelle si ritrovarono a convivere entrambe nel corpo di tenebris, che nascose il corpo di SIdera per poi scappare in cerca di un mago potente che le potesse aiutare. Arrivò a Las Vegas, dove incontrò Harris che dopo averla accolta decise di aiutarla. Quel giorno le sorelle decisero di partire per l'italia, poichè sidera voleva tornare a casa, quindi Tenebris organizzò il viaggio nonostante fosse un po' preoccupata. Chiese il permesso a Harris di usare di jet privato per il volo e chiese qualche giorno di ferie giusto per il tempo che le sarebbe servito per andare e tornare. Tenebris era una ragazza semplice, nonostante il suo passato fosse pieno di morte e solitudine da quando era arrivata nei corvi di tanto in tanto lasciava che le emozioni di gioia o amore la influenzassero, Sidera invece era stata cresciuta come una principessa e aveva un carattere altezzoso che spesso risultava antipatico. il volo durò circa dodici ore, Sidera passò la maggior parte del tempo a sistemarsi i capelli, tingersi le unghie, dormire e ad applicarsi creme in tutte le parti del corpo, lei non desiderava altro che tornare a casa, riprendere le sue lezioni di danza e continuare la sua ricerca per un marito ricco e potente. Tenebris invece dormì un po' e finì di leggere due libri di magia che si era portata con se di tanto in tanto si fermava a pensare a ciò che era successo nella foresta, non ricordava tutto molto bene questo la faceva sentire particolarmente in colpa tanto da mettere le gambe sulla poltrona e abbracciarle, Sidera notò che Tenebris era particolarmente cupa e silenziosa, le gemelle inoltre avevano un legame speciale, le si avvicinò e la abbracciò forte <<Andrà tutto bene sorellina>> disse Sidera accarezzandole i capelli, <<... e se Harris fosse arrabbiato con me? se mi odiasse? se non mi volesse più con lui?>> l'umore di tenebris sprofondò nelle ombre più scure. <<Oh, suvvia nuvoletta, quel ragazzo ti adora, non potrebbe mai odiarti, sciocchina>> Sidera accudì la sorella mostrandole tutto l'amore che provava per lei.Tenebris provava calore e tranquillità quando stava a contatto con la sorella, mise la testa sul suo petto e si lasciò coccolare lasciando che i pensieri cupi si allontanassero un po'; il volo proseguì senza intoppi, giunte a Roma le gemelle furono scortate fino al palazzo in cui alloggiavano i genitori e i nobili della famiglia Magnus. Fin qui tutto era andato per il verso giusto, ma una volta arrivate a palazzo le sorelle furono divise bruscamente e Tenebris fu circondata dalle guardie, Sidera invece fu scortata di fianco al padre che la abbracciò e si assicurò che stesse bene, ma lei non capiva cosa stava succedendo era scioccata tanto cercò di raggiungere la sorella ma fu fermata da una guardia. <<Non mi aspettavo un'accoglienza così calorosa paparino...>> disse Tenebris con tono ironico, sapeva che non avrebbero fatto del male a Sidera ma lei era terrorizzata, era sola e senza speranza. <<Hai quasi ucciso tua sorella! come osi presentarti di nuovo qui! Uccidetela quella non è più mia figlia...>> Gridò il padre furioso. Tenebris ebbe come un colpo al cuore, sapeva di non essere la figlia preferita, ma essere rinnegata era troppo, si trovò a dover fronteggiare da sola più di venti uomini addestrati a combatte con il corpo a corpo, lei fisicamente era agile per via della sua statura ma non era forte fisicamente ed era giorno, i suoi poteri non erano forti come durante la notte doveva trovare una soluzione per uscire viva. Aveva solo un coltello con se, nella caviglia, si abbassò e lo prese tenendolo in mano sperando almeno di riuscire ad evitare di essere colpita nei punti vitali. Gli uomini iniziarono ad attaccarla. Tenebris conosceva bene il castello, doveva solo riuscire a spostarsi nelle zona più ombrosa per riuscire ad aprire un portale, ma le guardie erano troppe la ferirono ripetutamente, perdeva troppo sangue ma quando tutto sembrava che stesse per finire il suo mentore, il generale Augustus, corse il suo soccorso insieme a cinque dei suoi uomini.Quando lo vide le si illuminarono gli occhi, era felice di rivedere l'unica persona che si era presa cura di lei, lui si fece spazio e combatterono per salvare la vita di Tenebris, il generale riuscì a spostarla in una zona d'ombra <<Vai via piccola, qui ci penseremo noi. Ti ho voluto bene dal primo momento, sei stata come una figlia per me...>> Non riuscì a finire la frase che Augustus fu colpito mortalmente alla schiena. Tenebris rimase un attimo scioccata vedendo il corpo dell'uomo che le cadde addosso quasi senza vita, non riuscì a dire neanche una parola. doveva andarsene! Aprì velocemente un portale e tirò a forza con se il generale all'interno, chiuse il portale e si trovarono entrambi nel Jet. tenebris gridò all'Hostess di far partire immediatamente il jet, la donna corse dal capitano di volo e partirono immediatamente. Intanto Tenebris aprì il marsupio che portava alla coscia, dove teneva di solito un paio di pozioni di cura e qualche antidoto, ma quando lo aprì tutto era rotto, le ampolle dovevano essersi rotte mentre combtteva, in preda al panico iniziò a cercare nel jet un kit di pronto soccorso si findò di nuovo sul suo mentore e provò a tamponare le ferite ma non bastò. Augustus le sorrise, stava morendo per l'unica persona che aveva amato in tutta la sua vita, una figlia non sua a cui aveva insegnato tutto ciò che sapeva, era sereno e fece cenno a Tenebris di avvicinarsi, lei iniziò a piangere era troppo dura per lei, non voleva che anche un'altra persona cara morisse ma si avvicinò a lui <<Figlia mia, ti ho inseganto tutto ciò che sapevo, ma tu mi hai insegnato una cosa ancora più importante, mi hai insegnato ad essere padre.. Padre di una ragazza meravigliosa che è solo nata nel posto sbagliato.. mi dispiace per non averti potuto aiutare prima..>> la voce del vecchio era ormai stanca ma ricolma di gioia, finalmente era riuscito a dirle cosa pensava. Tenebris invece era distrutta, la morte di Harris, l'odio del padre e ora anche l'imminete morte del generale le lacrime non smettevano di solcarle il viso <<non puoi lasciarmi così vecchio, devo ancora insegnarti a cucinare...>> non sapeva cosa fare o cosa dire ma in quel momento di disperazione mentre gli stringeva ancora la mano gli disse <<C'è un modo per restare con me, per sempre...>> Tenebris sospirò <<Harris mi sta insegnando ad usare la necromanzia, diventa il mio burattino. rimani ancora con me per proteggermi..>> Augustus sorrise e annuì il loro legame sarebbe durato ancora. <<Sono qui con te vecchio, non ti lascio...>> ma il generale era già morto con un sorriso sul viso. Tenebris scoppiò di nuovo a pingere, in ginocchio davanti al corpo senza vita, le ombre iniziarono ad allargarsi in tutto il jet, ci furono delle turbolenze poichè l'intero jet fu ricoperto dalle ombre. ma in pochi minuti iniziò a calmarsi. il respiro affannato, la paura, il dolore, l'odio, tutto questo doveva aspettare. prese un pacco di sale dalla cucina, disegno un sigillo e con l'aiuto delle ombre adaggiò il corpo senza vita del suo generale sul sigillo, sussurrò un incantesimo e il corpo venne avvolto da un bagliore verde. <<Questo incantesimo bloccherà per un po' la decomposizione del corpo.>> prese il telefono e chiamò Harris raccontandogli tutto ciò che era successo e dicendogli che avrebbe avuto ancora una volta bisogno di lui e dei suoi insegnamenti. Mise giù il telefono, si sdraiò per terra vicino al corpo e crollò ferita sia nel corpo che nel cuore.

Titolo: E' Bella la Luna vero?...

.Harry.

​

“E’ bella la luna vero?..”

 

Era la prima cosa che mi era vento in mente mentre guardavo la luna piena dalla finestra della mia stanza. Ho preso appositamente quella stanza della Luxor Hotel perché era l’unica stanza con la vista chiara della luna piena di ogni mese. Era stato una giornata stancante e quel giorno era anche “l’anniversario”. Non avevo voglia di fare nulla se non quello di sdraiarmi, magari con qualche pastiglia come il mio solito per annebbiare la mia mente negli ultimi settant’anni, ogni giorno. […]

<<Harry?...>>, sbattei le palpebre quando sentì il mio nome pronunciare da qualcuno, ma quel qualcuno non c’era già da tanto tempo, così tanto che ebbi un brivido lungo la schiena quando sentì la sua voce. Dissi a me stesse che non era possibile quanto non era possibile di essermi ritrovato nel corridoio della The Venetian se pochi minuti prima era nella mia stanza alla Luxor.
Voltai lo sguardo verso la figura che mi aveva appena interpellato. Era un sogno? Un incubo? Qualsiasi cosa era, senza rendermene conto stavo desiderando di non svegliarmi. Cinque minuti, cinque minuti sarebbero bastati.

<<Ti vedo sulle nuvole oggi, tutto bene?>>, mi aveva chiesto Evangeline facendo un piccolo balzo per mettersi davanti a me e tagliarmi la strada. Non mi ero reso conto che stessi camminando in quel momento. Ogni suo passo faceva ondeggiare i suoi boccoli biondi a destra e a sinistra in modo ipnotico, non sembravano capelli e non ero mai riuscito a trovare qualcosa che potesse essere paragonabile, sembravano fatti di fili in oro ma erano talmente morbidi che ogni volta per me era come andare in ecstasy quando li toccavo, oltretutto avevano quella fragranza di gelsomino mescolato alle rose, così delicato, così elegante e maestoso, così come era lei alla fine dei conti. I suoi occhi brillavano di turchese, sembravano due cristalli e non degli occhi. Erano sempre così luminosi ma allo stesso tempo così tristi.. Aveva sempre quel sorriso angelico in volto, bene o male, in qualsiasi situazione, quel sorriso gentile che riscaldava ogni cuore, in grado di sciogliere ogni ghiacciai nel pianeta Terra e oltre. Ogni suo lineamento le faceva sembrare un angelo spedito dal cielo fin lì per salvarlo in un modo o nell’altro. Era come il sole che riscaldava le giornate d’inverno, ogni volta che la guardava si riscaldava perfino alle ossa. Aveva una voce bassa ma melodica, non mi stancavo mai di sentirla, era la melodia più bella della mia vita.

Allungai la mano, anche se avevo paura. Avevo paura che sarebbe svanita, come una nube di fumo come tutte le volte che avevo cercato di toccarla. Mi resi conto che stavo tremando, come potevo non farlo?.. Era l’unica cosa che ho desiderato nel profondo del mio cuore negli ultimi settant’anni.
Ero riuscito a sentire per un attimo il suo calore. Giuro di averlo sentito anche se mancavano ancora un paio di millimetri prima di poterla toccare. Ero euforico, riuscivo a sentirla.

​

Riuscivo a sentirla.

​

Riuscivo a vederla.

​

Riuscivo a toccarla!

​

Sentivo il bruciore in gola, era una sensazione che non provavo da tanto e che pensavo di aver perso la capacità farlo, non riuscivo a respirare eppure in quel momento mi sentivo più vivo che mai, in tutta la mia vita.
Ero appena riuscita a toccarla, maledetti.. ero appena riuscito a toccarla.. prima che arrivassero loro. L’avevano presa dalle braccia, avevano bloccato me.

​

Sgranai gli occhi.

​

Non poteva essere vero. Non poteva esserlo.

<<Aspettate..>>, avevo cercato di dire, era quello che avevo cercato di dire anche allora, quel giorno.
Evangeline aveva iniziato ad agitarsi e io più di lei. Cercai di reagire, proprio come allora. Cercavo di raggiungerla, come lei cercava di raggiungermi. Avevo cercato di combattere con tutte le mia forze, giuro sulla mia vita, sull’amore che provavo per quella donna ma quelle maledette mani, continuavano a tenermi fermo, non sapevo quanti uomini ci erano voluti per riuscire a tenermi fermo. Quel bastardo lo aveva pensato bene, fin troppo bene.

<<Harry! Harry guardami!>>, aveva gridato Evangeline mentre veniva trascinata via con forza dagli uomini di William.

Avevo paura di guardarla, avevo paura di quel che sarebbe successo di nuovo. Non volevo assisterlo di nuovo. Non potevo.
<<Andrà tutto bene!>>, mi aveva gridato, o almeno stava cercando di farlo prima che le venisse tappato la bocca con una striscia di stoffa nera.

Sbattei di nuovo le palpebre. Non riuscivo a muovermi, mi ero ritrovato con le ginocchia a terra, bloccato da qualcosa di pesante. Le catene, ecco cos’erano, le stesse che mi stavano bloccando i polsi dietro la schiena. Alzando lo sguardo capì di essermi ritrovato sulla piazza dove c’erano presenti la maggior parte dei Corvi e con loro c’era anche William. Davanti a me oltre alla vastità di uomini, c’era anche lei, Evangeline, legata con le mani dietro alla schiena ma anziché piegata sulle ginocchia, era in piedi.
Ricordo di aver scosso il capo e qualcosa di bagnato aveva rigato la mia guancia.

No..

​

Non di nuovo..

​

Ti prego..

​

Avevo pensato, avevo cercato di dire, avevo cercato di gridare.

La mano di William era sospesa in aria in quel momento.

​

Ti prego. Ferma il tempo.

​

Chiunque..

​

Qualunque persona..

​

Vi prego..

​

Salvatela..

 

L’avevo guardata negli occhi. Non volevo farlo.. non volevo farlo di nuovo.

 

<<No… Fermati.. Fermati ho detto!>>, gridai. Cercai di gridare con tutte le mie forze.

<<Ti prego. Ti supplico..>>, cercai di dire. Era la prima volta nella mia vita che stavo pregando e supplicando quell’uomo… mio padre.

La sua mano compì il suo percorso, dall’altro verso in basso.

Sgranai gli occhi, di nuovo. Le mie pupille per un attimo forse erano sparite dal punto di vista di qualcun altro.
I rumore assordanti degli spari rimbombavano nella mia testa. Da oltre settant’anni continuavano a farmi un certo effetto.
Il mio grido era ancora più forte.
Non sapevo di essere in grado di gridare così forte, forse ancora più forte del rumore degli spari. Avevo gridato con tutto quello che avevo dentro. Sentivo la gola bruciare, i polmoni scoppiare. Il cuore. Il petto. Il corpo. Avrei voluto buttare giù il mondo quel momento. Quel giorno..

Le mie grida continuavano a persistere nell’aria circostante, l’eco della mia voce ritornando sembrava quello di uno sconosciuto. Pensai di aver rotto le mie vocali e la mia voce era perfino cambiata dopo aver gridato e urlato in quel modo.

<<Ti ucciderò! Giuro sulla mia vita che ti ucciderò! Scenderò perfino all’inferno per ucciderti! Ti ucciderò!>>, gridai agitandomi come un animale rinchiuso in gabbia. Cercai di alzarmi in piedi e non riuscivo nemmeno a sentire il rumore delle ossa delle mie spalle spezzarsi quando avevo cercato di liberarmi dalle catene, senza successo.

<<Ti ucciderò!>>. Non ricordai per esattezza quante volte l’avevo urlato tra risate isterici e lacrime che avevano rigato il mio volto. Avevo un sorriso disumano in volto, o almeno era quello che mi avevano detto molti anni dopo l’esecuzione di Evangeline.

 

<<Come Stregone Incantatore ti maledico William Willas! Marcirai! Pagherai ogni azione di tua responsabilità fino ad adesso! Che tu possa penare di ogni dolore di questa vita! Che tu non trovi mai pace nemmeno dopo la morte William Willas!>>. Sapevo che lanciando la maledizione dello Stregone avrei rinunciato a tutte le mie vite e avrei perso tutta la mia magia ma non m’importava. A me importava che quel lurido marcisse all’inferno. Me ne bastava una..

Mi bastava una vita per avere i suoi ricordi, portarli con me finché non l’avrei raggiunto io stesso.

​

I suoi occhi.

​

I suoi capelli.

​

Il suo sorriso.

 

[…]

 

Harry si svegliò di soprassalto sedendosi sul letto con l’affanno. Aveva la gola che bruciava come se avesse buttato giù una decina di bottiglie di bourbon ma la mente era lucida. Talmente lucida che il ricordo di quel giorno gli rimbombava nella mente. Nascose il viso tra le mani lasciando andare un sospiro profondo, così profondo per andò in apnea senza rendersene conto. Le spalle avevano iniziato a tremargli, così come le mani. Non voleva farlo. Si morse il labbro, così forte da farglielo sanguinare. Aveva promesso che non lo avrebbe fatto di nuovo, lo aveva promesso a lei e a sé stesso. Ma non riusciva..

Strinse i pungi andando a tirarsi i capelli scoppiando in un pianto silenzioso, uno di quei pianti che poteva lacerare una persona dentro da non avere più ritorno.

<<Mi dispiace… mi dispiace...>>. Frustato? Arrabbiato? Depresso? Forse e forse aveva solo cercato di mentire a sé stesso di non provare nulla di ciò. Aveva sempre cercato di mascherare tutte quelle sue emozioni ma ogni volta che guardava Harris negli occhi, riusciva a vedere le sue suppliche in quelle iridi, come se gli stesse chiedendo di ritornare ad essere sé stesso. Una volta forse era una persona piuttosto dolce e aperto ma Harry che vedeva davanti allo specchio era tutt’altra persona. Uno drogato che usava i stupefacenti per annebbiare la propria mente e le proprie emozioni. Non provava più nulla se non il disinteresse verso ogni cosa, a volte anche per la propria vita ma continuava a desiderare di rimanere in vita solo perché non voleva dimenticarsi di lei.

 

Non era riuscito a proteggerla. Non era riuscito a darle quello che lei aveva sempre desiderato. Non erano mai riusciti a camminare sotto la luce del sole in modo libero e non sempre di nascosto. Non era riuscito a salvarla, nonostante era lì, a pochi passi da lei. Non era riuscito nemmeno ad ucciderlo ma per lo meno quel essere lurido era finito nell’oltretomba e sperava che in qualche modo Evangeline lo stesse usando come poggia piedi o meglio, non di trovarsi nello stesso posto con lui. Avrebbe voluto farlo a pezzi, con le proprie mani, strappargli via la pelle pezzo dopo pezzo, rompergli ogni singolo osso del corpo. Ma a cosa importava tutto quello? Alla fine non era mai riuscito a far nulla. Alla fine era rimasto solo lui a soccombere nei rimpianti. Alla fine era rimasto solo lui con il ricordo di lei, per il resto della sua vita.

bottom of page